I tratti e le qualità più richiesti dai datori di lavoro nel 2023
Crea ora il tuo CVLe attività di selezione del personale stanno diventando sempre più automatizzate. I software ATS fanno gran parte del lavoro, scegliendo i candidati adatti in base a parole chiave e algoritmi. Tuttavia, i processi di selezione conservano ancora un lato esclusivamente umano.
Ai selezionatori non basta il curriculum perfetto, ma vogliono conoscere davvero la persona che si nasconde dietro al pezzo di carta, quella che si adatta perfettamente al ruolo e al gruppo di lavoro. E per farlo, si basano sul giusto mix di tratti e qualità personali per individuare il miglior candidato per ogni lavoro.
Ma dunque, qual è l’ingrediente segreto per il successo? Quali sono i tratti e le qualità più richiesti in un candidato? L’abbiamo chiesto in un sondaggio a oltre 200 HR.
Ed ecco che cosa ci hanno detto.
La prima impressione conta
Non è sempre possibile esprimere pienamente sulla carta quali sono i tratti e le qualità personali di un candidato: al contrario, queste caratteristiche devono essere valutate faccia a faccia. E quando si tratta di selezione del personale, tutto avviene al momento del primo incontro tra il candidato e l’hiring manager.
Certo, esistono una valanga di luoghi comuni legati alla prima impressione. “Non avrai una seconda occasione per fare una prima buona impressione”, “una stretta di mano dirà tutto quello che c’è da sapere su di te”, e così via. E se è vero che si tratta di cliché, è pur vero che queste affermazioni nascondono un fondo di verità: le persone esprimono realmente giudizi in base ai primi momenti critici di un incontro.
Secondo alcuni studi infatti, basta un decimo di secondo per giudicare tratti essenziali della personalità quali, per esempio, l’affidabilità. I nostri dati confermano l’importanza della prima impressione: una maggioranza schiacciante dell’83% dei nostri intervistati concorda sul fatto che si tratti di un fattore importante per decidere le sorti di un candidato. Solo l’1% è in disaccordo.
È quindi essenziale sfruttare al meglio questa ristretta finestra di opportunità che dura all’incirca 30 secondi. Su cosa concentrarsi in questi primi istanti cruciali di un colloquio? Il suggerimento è puntare sul “fattore gentilezza”, mostrandosi sicuri e affidabili per partire con il piede giusto.
Lo dice anche la scienza; secondo Amy Cuddy, psicologa sociale alla Harvard Business School, l’affidabilità e la fiducia creano l’80-90% della prima impressione. Come afferma la dottoressa Cuddy:
La fiducia apre le persone a ciò che hai da dire. Le apre alla tua forza e alla tua sicurezza. La fiducia è il canale attraverso il quale viaggiano le idee.
Abbiamo anche chiesto ai nostri intervistati come trovano conferma della loro prima impressione. Essendo una domanda aperta, abbiamo ricevuto varie risposte, ma quasi tutte incentrate sul linguaggio del corpo e sull’aspetto personale.
Anche in questo caso, affidabilità e fiducia fanno da filo conduttore. Il linguaggio del corpo e l’aspetto personale sono fattori chiave per quanto riguarda la comunicazione non verbale, che può costituire fino al 50% di ciò che comunichiamo agli altri. E costituiscono una parte fondamentale e primordiale del modo in cui percepiamo il prossimo.
Come afferma uno degli intervistati:
Puoi facilmente intuire se una persona ti piace e piacerà anche agli altri.
Per riassumere: è vero che ti stanno giudicando, ma puoi fare un’ottima impressione trasmettendo fiducia e sicurezza fin dalle prime battute del colloquio. Ma, una volta superato questo scoglio, quali sono le specifiche qualità richieste dai datori di lavoro?
Abbiamo chiesto ai nostri intervistati quali sono i tratti caratteriali più desiderabili in un potenziale dipendente. Gli intervistati potevano selezionare fino a 5 qualità. Queste sono le prime dieci scelte.
Non ci sono grandi sorprese qui, con al primo e al secondo posto rispettivamente lealtà e integrità. La dedizione al lavoro, l’onestà e i forti principi morali sono un requisito indispensabile per il successi nella maggior parte degli ambienti lavorativi.
Non basta dare prova di essere bravi nel lavoro, bisogna anche dimostrare di essere brave persone. E non lo diciamo noi: uno studio pubblicato in Perspectives in Psychological Science ha approfondito proprio questo argomento, analizzando un grande volume di dati sulle risorse umane per scoprire quali sono i tratti più apprezzati dai selezionatori.
In quell’occasione, i ricercatori hanno anche elaborato i dati del database del Dipartimento del Lavoro americano O*NET, ottenendo informazioni significative circa i requisiti dei lavoratori nell’economia degli Stati Uniti.
In entrambi i casi, gli autori dello studio hanno riscontrato che le qualità richieste dai datori di lavoro si dividono principalmente in due categorie: la coscienziosità e la gradevolezza. Quindi è chiaro che la dedizione, l’etica del lavoro e il “fattore simpatia” sono fondamentali. Potremmo addirittura affermare che la gradevolezza è il vero “X factor” di cui tutti hanno bisogno per aumentare le proprie possibilità di successo.
Volevamo inoltre verificare se le qualità richieste in un candidato sono universali o se dipendono dal ruolo e dal livello di anzianità richiesto per una determinata offerta di lavoro. Ecco cosa abbiamo scoperto.
Appare chiaro che alcune caratteristiche sono ugualmente apprezzate a prescindere dalla posizione e dal livello di esperienza. La capacità di lavorare in gruppo, l’affidabilità, la comprovata esperienza e la dedizione al lavoro sono ben viste a tutti i livelli. In fin dei conti, si tratta di abilità che ogni buon dipendente dovrebbe possedere.
Ma ci sono un paio di differenze interessanti. In particolare, due terzi degli intervistati ritiene che l’attenzione ai dettagli sia una competenza importante per un candidato inesperto più che per un candidato senior. E ha senso: per definizione, un leader necessità di una visione strategica d’insieme, mentre un dipendente entry-level è coinvolto in attività quotidiane specifiche che richiedono maggiore attenzione ai dettagli.
Un altro dato interessante è il valore attribuito all’apprendimento rapido, che aumenta da entry-level a livello junior, ma che poi diminuisce tra livello junior e livello senior. Anche se a prima vista può apparire controintuitivo, in verità si sovrappone perfettamente alla “forma a S” (o funzione sigmoide) propria della curva di apprendimento.
Infine, esistono differenze anche per quanto riguarda l’orientamento al risultato: meno importante per una posizione base, diventa cruciale per un ruolo di leadership, dato che i manager sono diretti responsabili per i risultati ottenuti dai loro team.
Ma abbiamo voluto scavare anche più a fondo: va bene sapere cosa vogliono i datori di lavoro, ma come fanno a verificare se il candidato ha effettivamente tutte le carte in regola?
Mettere alla prova la personalità
I recruiter sanno cosa cercano in un candidato. Ma vanno davvero oltre l’istinto e fanno una valutazione formale dei tratti di personalità di un potenziale dipendente?
Secondo i nostri intervistati, sì. O perlomeno, il 52% degli HR che hanno partecipato al sondaggio afferma di utilizzare test di personalità o tecniche di profiling psicologico per identificare i tratti della personalità desiderati nei candidati.
È interessante notare come siano generalmente i recruiter maschi a utilizzare queste tecniche, con il 56% contro il 43% delle femmine. E le percentuali variano sensibilmente anche in base all’età: solo il 14% dei responsabili delle assunzioni sopra i 56 anni utilizzerebbe queste tecniche di profiling, contro il 51% dei colleghi di età compresa tra i 24 e i 39 anni.
Conclusione
Il processo di selezione conserva un lato intensamente umano, e sarai spesso giudicato in base alla prima impressione. Fortunatamente però, tutto quello che devi fare è concentrarti su un unico fatto chiave: la gentilezza.
Coscienziosità e gradevolezza costituiscono l’“X factor” essenziale che i datori di lavoro cercano in un candidato. Sì, è davvero così semplice.
Metodologia
I risultati presentati sono stati ottenuti tramite un sondaggio su 205 selezionatori e/o responsabili delle selezioni. Agli intervistati sono state poste domande relative a quali competenze apprezzano nei candidati e come queste ultime vengono verificate. Il sondaggio comprendeva domande del tipo “sì/no”, domande basate su una scala di livelli di accordo con un’affermazione, domande che consentivano di selezionare più opzioni da un elenco precostituito e domande a risposta aperta.
Fonti
- Capps, Rob., “First Impressions: The Science of Meeting People”
- Cuddy, Amy J.C., Wilmuth, Caroline A., and Carney, Dana R. "The Benefit of Power Posing Before a High-Stakes Social Evaluation."
- Klang, Andreas., “The Relationship between Personality and Job Performance in Sales: A Replication of Past Research and an Extension to a Swedish Context”
- Öngöre, Özgür., “A Study of Relationship between Personality Traits and Job Engagement”
- Paljug, K., “The Personality Traits That Will Get You Hired”
- Palomares, Jennifer. & Young, Andrew., “Facial First Impressions of Partner Preference Traits: Trustworthiness, Status, and Attractiveness”
- Patel, Dipika S., “Body Language: An Effective Communication Tool”
- Sackett, Paul R. & Walmsley, Philip T., “Which Personality Attributes Are Most Important in the Workplace?”
- Willis, Janine. & Todorov. Alexander., “First Impressions: Making Up Your Mind After a 100-Ms Exposure to a Face”
- “Which Personality Traits Are Most Important to Employers?”
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